“DINANZI A UNA SOLA PAROLA SEGRETA SUBITO FUGGIRA’ OGNI SOSTANZA MALIGNA”

Novalis alias Friedrich von Hardenberg

(2 maggio 1772-25 marzo 1801)

Quando numeri e figure

più non saran la chiave di tutte le creature,

quando coloro che cantano o baciano

sapranno più dei grandi eruditi,

quando il mondo fluirà nella vita aperta

e al mondo tornerà,

quando poi luce e ombra

torneranno a congiungersi in vera limpidezza,

e in fiabe e poesie

si riconosceranno le eterne storie del mondo,

allora dinanzi a una sola parola segreta

subito fuggirà ogni sostanza maligna.

(da Heinrich von Ofterdingen, trad. di Tommaso Landolfi)

Può una sola parola avere il potere di raccontare un intero periodo recluso, questo lunga fase mondiale ancora incerta nei modi e nei tempi, dettata da regole altre, da normative discusse, da sofferenze espresse e inespresse, la crisi del quotidiano e del sistema intero? Di impattare sulle emozioni e su tutto ciò che si è riversato nel cuore? E se può, possiamo immaginarci che possa divenire anche una sorta di spartiacque tra il prima e il dopo? Tra quello che c’è e quello che ci aspetterà?

Ho gettato la proposta nel mare poetico di chi ha partecipato alle mie precedenti rassegne – la prossima è in organizzazione per il 2022 – e i riscontri sono stati interessanti, bellissimi, acuti, potenti.

Partiamo oggi come premesso dai primi due contributi di due penne veronesi, quella di Marisa Tumicelli, eclettica artista e anima poliedrica nonché amica storica della grande e intramontabile Alda Merini; e quella di Agata De Nuccio, dal calore salentino delle sue origini, impegnata come ambasciatrice della lettura per bambini e ragazzi, presente nella poesia sociale e in quella dell’ambiente anche come voce radiofonica. Due mondi diversi, due parole con la stessa sibillante lettera “S” che apre orizzonti di meditata contemplazione.

SILENZIO
è  la parola che accende i miei
pensieri  dentro intimità  di vita…
è   parola luogo invisibile fiato che respiro ….dono di quiete…  leggerezza di
immagine…
tepore di riposo….
Abbraccio il silenzio fra rami e foglie…nelle ore della notte nella luce del mattino…
SILENZIO essenza d’aria senza forma…colore che si stende sull’infinito…
SILENZIO di neve che avvolge in una  dolcissima coltre…silenzio di luna e di fiore di vita segreta…
amorevole incontro con desiderio di cuore…

Marisa Tumicelli

Scintilla

Sono dentro le ceneri tiepida, dopo che le stelle hanno danzato 

intorno al falò/ sono scintilla in un campo aperto/ o dentro il tozzo ardente di un focolare.

Scelgo la parola scintilla perchè mi appartiene quello scoppiettio iniziale che fa ardere 

il cuore e la mente, la silenziosa pazienza dell’attesa, l’accensione delle stelle, il fuoco che scalda.

Sì scelgo la (S ) come scintilla come infinito prolungamento verso gli altri, scintilla per infilare 

parole come coralli nella fiamma eterna della vita.

Agata De Nuccio 

La parola rinascita racchiude in sé un ciclo e mi fa pensare alle parole del grande regista russo dell’anima Andrej Tarkovsky.
“C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta.
Così come non credo che si viaggi per tornare.
L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sè stessi non si può fuggire.
Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio.
Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza.
In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico.
Ovunque vada è la propria anima che sta cercando.
Per questo l’uomo deve poter viaggiare.”

Andrei Tarkovsky

Spesso torno all’immagine poetica che ci ha lasciato nel film “Il sacrificio”: Piantare un albero morto e donarlo finché non dia fiori.
Credo che questo sia un grande insegnamento di fede. Dietro ogni rinascita esiste un atto di fede, ma anche un atto d’amore. La vita ci mostra frequentemente due faccie della stessa realtà. E l’essere umano cerca spesso l’unione con qualcosa di più grande di sé. Questo è il pilastro di qualcosa di spirituale, che se ci lasciamo attraversare, ci ascolta.

Si può rinascere dalla morte perché i frutti e i fiori vi hanno rinascita insieme.
Metaforicamente, un albero dalle radici può sentire brulicare il suo tronco vivo, lo svilupparsi di un cuore e, anche se si credeva morto, uscire dalla morte come si esce da un sogno, come un nuotatore che riemerge da un tuffo profondo.
Stiamo vivendo un periodo di conflitti, non solo ideologici, ma sociali, economici e geo-politici. Difficile da decodificare.
In questo torrente scomposto di idee contrastanti, la violenza è oratoria, è una sorta di realtà che stride infelice e crea individualismo, arrivismo, opportunismo e tanto altro.
In questa realtà, dove i poeti spesso parlano di loro stessi, senza esporsi e senza preoccuparsi della ricerca dell’identità, dei valori, dell’unicità, della solidarietà, la parola se ne va in una regione che fa poco onore alla natura umana.
Io credo che da questa pratica dell’assenza, da questo divagare “accettato” di pillole di saggezza, senza porsi dubbi e senza porsi domande, bisogna rinascere. Credo che la natura morta d’autunno sia preziosa più d’ogni altra… ma implica rinascita.
La rinascita poetica implica la necessità di vivere di un altro gioco, rompere con il troppo rumore dell’Ego e ascoltare il mormorio lieve del cuore che si infrange contro le carcasse dell’apparenza. Bisogna disfarsi della finzione, dei ruscelli dorati dove si abbeverano i vani poeti, che parlano della propria scrittura senza scrivere davvero; vani poeti che vogliono impietosire parlando di miseria, senza guardare il mondo, parlando della natura senza conoscere la creazione.
Con la parola rinascita non mi voglio lasciare andare a un semplicistico discorso sociale, che è ben più vasto di quanto io possa comprendere. Il mio quadro sociale è ridotto dalle mie strette vedute e credo che il filo che sto intraprendendo non debba essere vinto da una visione pessimistica.
Io credo nella parola e non voglio distruggere i bei raccolti. Credo che i buoni raccolti raffigurino perfino il poeta con il volto coperto, che senza nessun vanto nutre l’anima.
Nutrire l’anima non significa sempre ottimismo poetico, ma realtà e ricerca del nuovo che, per generazioni, rimane.
La poesia vera non può essere uccisa, perché perfino i versi cadaveri, posti davanti ai loro assassini, tornano a versare sangue dalle ferite…

Yuleisy Cruz Lezcano

INTERIORITA’

Incedere

Nonostante

Tuoni

E

Rischi

Ingigantire

Opalescenti

Riflessi

Importare

Testuggini

Assertive

…Perchè la mia fede (fiducia) in Qualcuno di grande e “buono” che è “al di sopra di tutti” mi spinge a cercare l’opportunità nascosta dietro le circostanze, anche se sgradevoli. E così i periodi di lock down, più o meno restrittivi, che abbiamo vissuto, li ho affrontati senza sgomento eccessivo, abituata come sono a camminare o pensare da sola. Ho smesso quasi subito di seguire i bollettini quotidiani, le conferenze stampa, le curve di allarmismo che sfilavano everyday sui canali televisivi. Ho scelto di non obbedire alle regole pedissequamente, uscendo a scattare foto, su sentieri o strade poco battute, e ho incrementato i dialoghi su messenger – scambi a tu per tu che hanno preparato incontri estivi (pare!) – e la mia presenza nelle dirette facebook, per non cessare l’attività autoriale iniziata oramai 10 anni or sono. 

Ho scelto la parola interiorità perché è qualcosa che mi appartiene sempre, nei momenti buoni e in quelli cattivi: perché ci appartiene quello che resta, al mutare delle circostanze, appunto. E noi apparteniamo alla nostra Natura, al mutare degli Accidenti (per dirla in filosofico linguaggio :-P). Più che scrivere poesie mie, mi sono dedicata a progettare incontri per il post-covid, per aiutare le persone a ritrovare l’agio di scambiarsi pensieri, cibi, memorie, aneliti. Ho cercato materiali ed esercizi più fruibili a distanza che in frequenza per le mie tre classi di spagnolo, e mi sono impegnata nel mantenere la pace interiore e nel nutrirmi interiormente, attraverso conferenze registrate o tavole rotonde via web.

Miriam Bruni

PAURA – La mia parola è paura, perché credo che la paura vera accomuni tutti e sia quella paura della quale poi la rabbia è figlia. Ma la paura si sa può essere una buona maestra verso il superamento dei timori e verso il coraggio di una presa di posizione consapevole. Quindi la parola paura può essere vinta. Perché proprio la parola paura? Perché innanzitutto ho visto pericolosa questa scelta di chiudere in casa le persone, indistintamente, senza motivo. Mi ha ricordato subito qualcosa che ha avuto a che fare col mio vissuto: l’essere prigioniera e non avere diritti. Leggendo poi quello che succedeva, soprattutto nei grossi centri, dove chi usciva veniva fermato dalle forze dell’ordine, multato e, a volte, aggredito malamente, la sentivo serpeggiare tra le persone. È poi cambiata la mia percezione, ma il timore è stato lasciato sempre in primo piano ad opera della comunicazione giornalistica e televisiva, sebbene io non abbia mai avuto paura del virus e quindi di infettarmi perché sapevo che esistevano ed esistono cure efficaci. La mia di paura riguardava le decisioni prese da chi ci governa, il rendermi conto di non avere (di non aver avuto già da diversi anni) più qualcuno che ci tutelasse! Sembrava e sembra un regime totalitario, dove la polizia è sotto gli ordini di uno stato oligarchico e “malato di potere”, dove non esiste più la discussione ad opera delle varie voci scientifiche ma vige un’unica voce alla quale è fatto a noi divieto dubitare, domandare e/o dissentire. Come ogni dogma che si rispetti qui si chiede fede e cieca obbedienza. Ed allora la mia paura si è tinta col rosso della rabbia per l’ingiustizia perpetrata, per l’ignominia di questa “terapia genica” chiamata vaccino quando ho capito che l’idea di base era quella di sdoganarlo come unico farmaco per controllare questo virus, ben sapendo invece che ci sono semplici terapie, utilizzate da medici liberi che decidono responsabilmente come curare al meglio i propri pazienti come dovrebbe essere sempre per chi ha scelto questa professione – missione! Occorre dire quel che è, e cioè che l’aver salvato migliaia di persone, l’aver salvato migliaia di vite, secondo testimonianze raccolte, non sono cose inventate. Mentre ho capito che invece chi sta in alto perseguiva ben altra strada: quella di sperimentare uno strano composto di nuova generazione ben dissimile dai vaccini finora conosciuti! Al momento non si sanno con esattezza il numero di reazioni avverse e di morti; si hanno notizie più verosimili da altre nazioni. La paura, quindi, è diventata “crociata” per la trasparenza e per la verità perché il gioco si stava facendo duro, soprattutto vedendo che la popolazione, una buona maggioranza di popolazione, non si accorgeva e non vede tuttora il pericolo che sta correndo. Ecco questa è la mia parola. Non mi sono venute in mente poesie, ma solo voglia di ribellarmi in tutti i modi possibili e immaginabili, di opporre resistenza assoluta, di cercare di coagulare le persone in un gruppo cospicuo e di aggregarmi a mia volta in gruppi già esistenti per opporre resistenza. Mi ha fatto venir voglia di essere più solidale, e di capire che non sono da sola a combattere questa battaglia ma siamo in tanti. Ho anche capito che devo cercare di tenere a bada il mio “ego” e che non devo istruire gli altri su quello che devono o non devono fare; che ciascuno è responsabile per se stesso e che non si può evitare a nessuno di percorrere la propria strada e di andare incontro al proprio destino. Il periodo storico che stiamo attraversando non può essere giudicato ora, ma è qualcosa che dobbiamo accettare senza farci troppe illusioni: cercando di operare al meglio, di fare ciò che la nostra anima ci porta a fare: cioè resistere alle false credenze ed indottrinamenti, seguendo il cuore verso il bene personale comune. Può essere che sia del tutto inutile cercare di aprire gli occhi alle persone e quindi mi modererò nelle mie affermazioni, e poi vedremo. La morte arriva comunque per ognuno a tempo debito. La paura credo sia la parola di tutti, perché la paura non esiste solo per un virus o una ipotetica malattia, può esserci per mille altri motivi. Quindi non scagliamoci troppo gli uni contro gli altri, perché, se io ho alcune paure, le altre persone ne possono avere altre. In ogni caso la paura (come è successo anche a me) può essere ridimensionata, può portare a forme di coraggio e di superamento. Può essere una parola che ci mette alla prova nel bene come nel male.

Emanuela Carniti